“SE UN GIORNO SALTATE LA LEZIONE LO SAPETE SOLO VOI, SE LA SALTATE PER DUE LO SAPRA’ IL VOSTRO INSEGNANTE, SE LA SALTATE PER TRE LO SAPRA’ IL VOSTRO PUBBLICO”.
Rudol’f Nureev
Quando un allievo danzatore o un professionista si infortuna, il tempo diventa un nemico da combattere e sconfiggere. Ogni minuto perso senza potersi allenare, senza entrare in sala per la lezione, senza provare una coreografia rende i suoi muscoli rigidi, lenti e intorpiditi.
Quello che aveva guadagnato in termini di forma fisica con settimane di lavoro tecnico, in apertura en dehors ed elasticità muscolare, lo può perdere in pochi giorni di fermo. Riprendere in seguito l’attività, può diventare una fatica difficile da comprendere per chi non è del mestiere.
Non è solo il corpo che soffre per questa mancanza di allenamento da infortunio, ma anche la mente: l’idea di non poter ballare è per una ballerina/o la peggior punizione possibile, è come essere esclusi dal mondo, non esiste un sacrificio che non sarebbe disposta a fare. Per questo motivo la maggioranza dei ballerini non comprende il danno che spesso arreca al proprio corpo, spingendolo oltre i limiti muscolo- scheletrici, facendo finta di non sentire il dolore, o “anestetizzandolo” con gli antinfiamatori e procurando così un danno ancora peggiore.
Nel mio studio professionale mi occupo maggiormente di prevenzione, riabilitazione e riequilibrio posturale per danzatori. Negli anni, le domande che allievi o professionisti mi hanno posto e mi pongono dopo essersi infortunati sono: “ È grave? Guarirò presto? Ma domani ho le prove tutto il giorno come faccio? No, non mi posso fermare. Me lo fai un miracolo? Vediamoci tutti i giorni. Fai qualsiasi cosa, rimettimi in forma, mi fido solo di te”.
Quest’ultima frase per me è una formula magica ed è uno dei motivi per cui amo il mio lavoro, a cui dedico tutta me stessa. Condivido il senso profondo dell’affermazione di Friedrich Nietzsche: “Conta per perduto il giorno senza danza”. Con il mio sapere e con tutta la mia passione di ex danzatrice ed insegnante di danza, studio il caso del ballerino infortunato, mi consiglio con l’equipe con cui collaboro e attuiamo ogni strategia necessaria per consentire un rapido recupero ed un ritorno in sala e in palcoscenico quanto prima possibile.
Quindi, se dovessi definire cos’è per me la Medicina della danza, direi senza alcun dubbio: “Un atto d’amore verso la danza.”
Ma cos’è la medicina della danza?
La medicina e la riabilitazione della danza sono un’area di studio multidisciplinare, con attenzione specifica alla fisiologia dell’artista e alle disfunzioni, tutt’ oggi non ancora adeguatamente affrontate e trattate. Nella pratica artistica è richiesto un forte impegno muscolo scheletrico. Il danzatore si sottopone ad uno stress psicologico e muscolare tonico di base, assumendo posture scomode e spesso innaturali.
Quando l’artista soffre di determinate patologie scaturite dalla pratica della propria attività, siano esse acute o croniche, è opportuno che sia seguito da un’equipe specializzata in medicina della danza. Risulta infatti necessario l’intervento dei seguenti professionisti: Fisioterapista, Fisiatra, Medico dello Sport, Psicologo, Nutrizionista, Laureato in Scienze Motorie, Odontoiatra, Osteopata, Perfezionato in Posturologia, Logopedista, Ortopedico, Otorinolaringoiatra, Maestro di Danza. I danzatori, allievi e/o professionisti, nella maggior parte dei casi si rivolgono agli specialisti soltanto quando c’è già una patologia in atto. Sarebbe invece fondamentale che, come già avviene per tante discipline sportive, un’equipe interdisciplinare li seguisse. Ovviamente dovrebbe essere preparata e consapevole del lavoro tecnico e muscolare che svolge un danzatore, per poterne migliorare la performance e non solo per curarne i traumi o le lesioni.
Il grande impulso che ha avuto la danza, non soltanto in Italia, e la diffusione a livello capillare delle arti hanno evidenziato la necessità di un continuo aggiornamento tecnico, culturale e scientifico.
La danza è un’arte performativa che si esprime nel movimento del corpo umano secondo un piano prestabilito, in fase di allenamento a lezione, durante la coreografia in palcoscenico, attraverso l’improvvisazione in sala o nel corso della performance artisitica.
La medicina della danza è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi anni in tutto il mondo, grazie anche al fatto che molti ex ballerini, allievi, maestri studiano medicina, fisioterapia, scienze dello sport, tecniche di supporto alla danza. Si tratta di un settore specifico della medicina delle arti (“Performing Arts Medicine”, “Médecine des Arts”), specializzato nella valutazione e nel trattamento di musicisti, ballerini, attori/attrici, cantanti, circensi, artisti di strada e tutti coloro che, a vario titolo o livello, professano le performing arts.
La Storia della medicina della danza
Stando agli studi di Robert Taylor Sataloff in U.S.A., di Alfonso Gianluca Gucciardo in Italia e di Philippe Goudard in Francia, escludendo quelle acute da incidenti di palcoscenico o similari, le patologie più frequenti che la medicina dello spettacolo può trattare per singola arte sono:
- per i danzatori e i circensi: problematiche ortopediche e neurologiche (incluse distonie e paralisi) e psicologiche (disturbi di attacco di panico, stage fright);
- per i cantanti/attori/doppiatori/ventriloqui: noduli cordali, polipi cordali, laringoceli, disassiamenti aritenoidei, paralisi cordali, gastroesofagopatie, patologie psicologiche (disturbi di attacco di panico, stage fright);
- per i musicisti: allergopatie, neuropatie periferiche, overouse syndromes, distonia focale, patologie psicologiche (disturbi di attacco di panico, stage fright);
- per le maestranze: allergopatie, neuropatie periferiche, tumori del cavo rinofaringeo, etc..
La medicina dell’arte si occupa delle patologie di musicisti, ballerini, attori e altri artisti dello spettacolo, che possono variare dal dolore durante la performance, alla disfunzione neuro-muscolare o a problemi psicologici connessi alle prestazioni. Le posizioni scomode e i movimenti ripetitivi, comunemente richiesti agli artisti, possono causare queste ed altre problematiche. Secondo un sondaggio del 1987 tra performers: “L’82% ha detto di aver avuto un problema medico, fisico o psicologico e il 76% ha detto che era abbastanza grave da interferire con il proprio lavoro”. La prima traccia sulle patologie degli artisti interpreti è nel trattato del 1713 Malattie dei lavoratori di Bernardino Ramazzini. Più recentemente, Diseases of the Music Profession: A Systematic Presentation of Their Causes, Symptoms and Methods of Treatment, di Kurt Singer, è stato tradotto in inglese nel 1932. La medicina dello spettacolo ha cominciato a prendere una forma organizzativa negli anni ’80, con il primo simposio annuale sul tema nel 1983, su richiesta del Festival di Musica di Aspen. Una rivista peer-reviewed, Medical Problems of Performing Artists, iniziò la pubblicazione nel 1986, curata da Alice Brandfonbrener. Si tratta di un progetto frutto della collaborazione della Performing Arts Medicine Association (PAMA), della Dutch Performing Arts Medicine Association (NVDMG) e della Australian Society for Performing Arts Healthcare (ASPAH). Un libro di testo, ora intitolato Performing Arts Medicine, è stato pubblicato in edizioni successive fino al 2010.
La Performing Arts Medicine Association è stata istituita nel 1988.
Negli Stati Uniti è nata nel 1990 ed è tuttora operativa l’International Association for Dance Medicine & Science (IADMS). L’obiettivo è riassunto nella sua missione: IADMS migliora la salute, il benessere, la formazione e le prestazioni dei ballerini coltivando l’eccellenza educativa, medica e scientifica.
In Italia è stata fondata l’Associazione Culturale “CEIMArs”, ossia il “Centro italiano interdisciplinare di Medicina dell’Arte”, di cui mi onoro di far parte. È un’associazione no profit e si propone di promuovere – soprattutto a livello nazionale – la prevenzione nell’ambito della salute, favorendo e divulgando le conoscenze scientifiche in campo medico, paramedico, riabilitativo, educativo e artistico.
Costituita nel 2005, e finalmente registrata dallo Stato nel 2012, l’Associazione intende perseguire esclusivamente finalità di tipo preventivo, scientifico, didattico e artistico. Nello specifico orienta la propria attività nei settori di istruzione, formazione, sport, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica di particolare interesse sociale affidata a università, enti di ricerca e ad altre associazioni o fondazioni che se ne occupano direttamente.
In Italia purtroppo ancora non esiste una specifica scuola universitaria di specializzazione medico-riabilitativa post lauream. Pertanto ad essa possono dedicarsi, se accuratamente formati sul campo, medici specialisti, fisioterapisti, logopedisti, psicologi, nutrizionisti, perfezionati in posturologia, osteopati, tutti abilitati all’esercizio della professione.
L’esperienza
Per una danzatrice e un danzatore la preparazione classico-accademica è fondamentale. Se immaginiamo l’atteggiamento posturale dei danzatori, lo stress psico-fisico a cui sono sottoposti, l’alimentazione controllata e spesso inappropriata, l’esasperazione del gesto artistico sempre oltre le proprie possibilità anatomiche e muscolari, possiamo spiegarci l’origine di molti traumi.
Come afferma Shanna Le Fleur: “Ci vuole un atleta per danzare, ma ci vuole un artista per diventare un danzatore”. Molto spesso, chi cura genericamente un danzatore non tiene conto di questo dualismo fondamentale che, invece, io affermo continuamente nell’ambito dei miei corsi, seminari e convegni. Infatti il danzatore possiede questa doppia componente: di atleta, perché si allena muscolarmente e lavora con il suo corpo, ma anche di artista perché è chiamato ad interpretare i ruoli dei grandi balletti e le coreografie. Questo suo “sentire” artistico lo rende unico. Al contrario degli sportivi standard, ai danzatori non è concesso di fermarsi durante una performance in palcoscenico, non possono esprimere dolore con l’espressione del viso o con il linguaggio del corpo e si insegna loro, sin dalla tenera età, “a stringere i denti e portare a termine la lezione di tecnica o la coreografia durante uno spettacolo”. Quest’aspetto li porta frequentemente a sviluppare traumi successivi a quello originale, prendendo in scarsa considerazione il senso di affaticamento muscolare che avvertono in sala o in palcoscenico e sottovalutando un trauma o una lesione appena accaduti.
Ciò avviene perché un professionista della danza dedica anni di studio e disciplina ad educare e plasmare il suo corpo, per ottenere il controllo di ogni muscolo portando all’esasperazione i propri limiti muscolo-scheletrici. Molto spesso è preparato a sentire e sopportare il dolore.
La medicina applicata alla danza propone studi e percorsi di prevenzione, terapeutici post infortunio o per il miglioramento della performance del ballerino. Come disciplina insegna le basi anatomo-fisiologiche del corpo umano del danzatore, indagando le cause delle lesioni procurate dalla danza stessa, promuovendo la loro cura e prevenzione, nonché il ritorno allo studio e/o al palcoscenico dopo la fase riabilitativa.
In base alla mia esperienza è fondamentale che l’equipe specialistica che lo prende in carico stabilisca un timing di intervento sul danzatore infortunato:
- valutazione mirata del danzatore con l’elaborazione di schede valutative specifiche;
- trattamento terapeutico mirato;
- ricondizionamento dei ballerini durante e dopo gli infortuni;
- ritorno guidato in sala e in palcoscenico.
Altrettanto importante è lavorare sulla prevenzione degli infortuni. Sono molto utili i campi di pratica di allenamento atletico di prevenzione, lo studio delle tecniche di supporto quali il riequilibrio posturale per danzatori, la fisiotecnica, lo studio della sbarra a terra, insieme alla valutazione clinica e alla diagnosi.
Nello specifico devono essere approfonditi gli aspetti biomeccanici, fisiologici e neuromotori della danza, della nutrizione, dei problemi psicologici ad essa annessi.
Cosa è necessario sapere per avvicinarsi alla medicina della danza?
Fondamentale è lo studio dell’anatomia e fisiologia applicate alla danza, ovvero dei meccanismi articolari e muscolari del corpo umano, nonché la conoscenza delle conseguenze provocate sul fisico, dei possibili incidenti o danni che possono verificarsi durante la pratica e dei metodi più idonei per prevenirli e curarli. Questa profonda conoscenza scientifica non può prescindere da quella della tecnica classica accademica. La giusta guida ed assistenza medico-riabilitativa consente agli artisti di affrontare lo studio accademico e coreografico in modo razionale e prudente, li aiuta ad evitare errori tecnici e muscolari, ad utilizzare un’adeguata preparazione tecnica ed anche una corretta postura. Li agevola inoltre ad affrontare necessari periodi di STOP, cercando di non perdere il tono muscolare e l’indispensabile elasticità muscolare, indirizzandoli verso le terapie mediche e le metodiche tecniche più idonee.
Per me il professionista che si occupa di medicina della danza, di riabilitazione, prevenzione e allenamento mirato del danzatore deve aver avuto un percorso di formazione da danzatore, deve conoscere i passaggi tecnici sul proprio corpo e, come afferma il dottor Gianluca Alfonso Gucciardo:” il medico e il riabilitatore dell’arte non può non aver mai sentito la puzza della sala di danza o del palcoscenico”.