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Tecniche di Supporto alla danza: dall’arte coreutica alla consapevolezza corporea

di Valentina Canuti

La responsabilità di un dialogo che può sempre migliorare.  

Con immenso piacere colgo l’occasione per presentarci e al tempo stesso introdurci all’interno di questa nuova e preziosa esperienza. Leggiamo quanto segue come un breve percorso introduttivo alle Tecniche di supporto alla danza che, come primo intento, desidera accompagnarci verso riflessioni, stimoli e visioni da approfondire eventualmente nel tempo. 

Iniziamo contestualizzando il nostro intervento all’interno di un ambito scientifico direttamente connesso alla formazione del danzatore. Parliamo di arte coreuticaconoscenza scientifica: due ambiti che, da sempre, necessitano l’uno dell’altro e che, ad oggi, stentano ancora a riconoscersi pienamente nella potenzialità del loro essere complementari e complici in termini didattici, metodologici e formativi. 

L’esigenza primaria che si continua a percepire tra gli addetti all’insegnamento delle tecniche di supporto per danzatori resta sempre la stessa; immagino la maggior parte degli esperti del settore concordino rispetto al fatto che, tra la conoscenza scientifica e l’insegnamento della danza, ci siano ancora diversi spazi da colmare. Credo fermamente che la responsabilità sia sempre e comunque nelle nostre mani. 

Potremmo iniziare, dunque, individuando insieme un unico grande obiettivo: 

Riconoscere la volontà di poter migliorare questo dialogo, già esistente ed esigente, tra lo studio degli elementi caratterizzanti la tecnica della danza e lo studio dei contenuti appartenenti alle tecniche di supporto. A prescindere dall’ambito di appartenenza, sembra sempre più opportuno tornare a confermare alcuni fondamenti caratteristici di entrambe le discipline, al fine di confermarne integrità e coerenza.  

Il fondamentale collegamento tra la conoscenza anatomica e lo studio della danza sappiamo avere origini antiche. Rivolgendo un rapido sguardo alla nostra storia, ricordiamo che l’interesse per l’anatomia e per l’analisi del movimento risale agli anni della fondazione dell’Academié Royale de Danse (Parigi, 1661), istituzione alla quale si deve l’inizio della codifica terminologica, tecnica e stilistica inerente principi e pratiche caratterizzanti la danza di corte e la danza teatrale.  È a partire da quegli anni che iniziano ad individuarsi principi tecnici, meccanici, anatomici e dunque scientifici, attinenti lo studio della danza. La successiva codifica della distinzione in generi, rivolta al danzatore rappresentativo della danza noble, demì – caractère e comique (1700), testimonia il riconoscimento della relazione esistente tra le caratteristiche strutturali del danzatore e la relativa predisposizione espressiva. A partire dal 1700, fin tutto il 1800, questi due elementi avanzano di pari passo, fin quando la rivoluzione culturale ed estetica appartenente al XX secolo giunge ad aprire nuove strade, introducendo preziose visioni innovative, principalmente derivanti dall’avvento della danza libera in Europa e della modern dance negli Stati Uniti. 

“(…) i movimenti del corpo umano possono essere belli in qualsiasi momento (…) 

ella sta per giungere, la danzatrice del futuro… l’intelligenza più alta nel corpo più libero (…) cosa dobbiamo fare per ricondurre Tersicore tra noi?” (ISADORA DUNCAN)

È probabilmente in questo clima che il balletto classico inizia, azzarderei dire, ad “affaticarsi”. È di fronte all’apertura e all’evoluzione di nuovi linguaggi e codici di movimento che iniziano a mutare le esigenze del danzatore. 

Anche se molto sinteticamente, credo sia doveroso ripercorrere alcuni concetti fondamentali risalenti a quel periodo, in modo tale da poter recuperare, più agevolmente, il potenziale che questa disciplina apporta, compresa dei suoi contenuti più attuali. 

Ognuno di noi sa quanto, il secolo ormai trascorso, si sia contraddistinto per la ridefinizione di canoni e linguaggi estetici derivanti dall’esigenza di liberare il corpo da limiti e condizionamenti passati, ricercando un ritorno che fosse in stretta sintonia con la natura propria dell’uomo e con il suo stesso sentire interiore ed individuale. È all’interno di questo inquadramento storico e culturale che iniziano a svilupparsi teorie, pratiche e metodologie innovative, il cui fulcro parte dalla volontà di valorizzare, non più il solo atto del danzare, ma anche la potenzialità pedagogicoeducativa appartenente a quest’arte. Accanto al concetto del danzare, si giunge gradualmente a valutare l’educazione al movimento come una possibilità per educare e formare l’interiorità. È dunque attraverso questa visione che la danza inizia ad essere esaminata anche in termini di esercizio psicofisico, formativo della persona e non solo del danzatore.

Questo rapidissimo quadro introduttivo per entrare più scorrevolmente nel settore specifico inerente all’allenamento alla danza. Concetto anch’esso risalente al secolo scorso quando, riconosciuti i “limiti” della tradizionale costruzione della lezione di danza, iniziano ad accostarsi i concetti di supporto e integrazione, applicati attraverso corsi paralleli o integrati, destinati a migliorare e completare i programmi di formazione, sia in ambito professionale che amatoriale. 

Attualmente, è evidente quanto questa realtà, accostata coerentemente allo studio della tecnica, continui a rivelarsi responsabile nel raggiungimento di particolari peculiarità funzionali, dunque, espressive. Ma in questo contesto, puramente augurale ed introduttivo, non entriamo volutamente in analisi. Semplicemente ricordiamo che, l’evoluzione dello studio inerente all’anatomia e all’educazione fisica, parallelamente alla nascita e allo sviluppo delle ginnastiche dolci e delle discipline somatiche, influenzate da una visione moderna della danza (contaminata a sua volta anche dalla cultura Orientale), fa si che la danza inizi a servirsi sempre più di determinate conoscenze e competenze che possiamo definire, a tutti gli effetti: esperienze

Rimarchiamo quindi il valore della conoscenza anatomica che, grazie ai principi e ai contributi provenienti dalla somatica, potremmo meglio definire come consapevolezza corporea: un obiettivo e una qualità indispensabile alla formazione del maestro – danzatore – allievo, figure da accogliere e valorizzare nella loro individualità e nel rispetto della loro stessa personalità e corporeità. 

Riportando l’attenzione ad oggi, la proposta dei sistemi di allenamento certamente non viene a mancare. Diverse sono le tecniche, le metodologie e le pratiche offerte dal nostro grande “mercato”; sistemi che, tra l’altro, tendono sempre più ad intersecarsi e fondersi l’uno con l’altro affinché si possa rispondere all’esigenza di sostenere e sviluppare lo studio di una danza che sia di qualità. Il lento, seppur graduale, progresso delle discipline integrative ci mette attualmente di fronte ad uno sviluppo di competenze che, a prescindere dal grado di validità, confermano una tendenza ormai caratteristica dell’intera nostra società: la specializzazione. Il nostro ambito, aspira più che mai al perfezionamento, ovviamente è una volontà necessaria. Al tempo stesso, favoriamo una settorialità che ha bisogno di tradursi, giorno dopo giorno, in un dialogo motivato dalla volontà di unire e condividere le esperienze, rispettando le esigenze originarie di questa disciplina. Credo che la specializzazione raggiunta possa considerarsi un punto di arrivo importante attraverso il quale individuare nuovi punti di partenza da cui poter ripartire sperimentando prospettive. 

Le tecniche di supporto agiscono dietro le quinte, la nostra missione sta nella capacità di individuare punti di contatto fondamentali tra tecnica e supporto alla tecnica, tra espressività e funzione, contribuendo con coerenza alla loro stessa evoluzione. Ancor prima di accendere i riflettori su di un corpo, predisposto o meno al palco, accogliamo l’opportunità di leggerlo e ascoltarlo, imparando dalla sua osservazione ed educandolo, prima dell’esecuzione di qualsivoglia movimento o passo, a riconoscersi in quanto Corpo. 

“(…)ogni persona è il proprio corpo” (ALEXANDER LOWEN) 

È dal suo ascolto che deriva la funzione, è la funzione a determinare l’espressione. 
Ed è solo da questa consapevolezza che può migliorare la comunicazione

Immagine Jean Metzinger – Due nudi, 1910-11.

DUNCAN, I. FULLER, L. ST. DENIS, R. Donna è ballo. Nascita e affermazione della danza moderna. Ghibli, Milano 2015.

GROSSO, G. LOSASSO, S. Fisiotecnica: una disciplina di supporto alla danza. – Chorégraphie – Studi e ricerche sulla danza. N.2Di Giacomo, Roma 1993. 

GROSSO, G. LOSASSO, S. Fisiotecnica: una disciplina di supporto alla danza. – Chorégraphie – Studi e ricerche sulla danza. N.3Di Giacomo, Roma 1994. 

LOWEN, A. Bioenergetica. Feltrinelli, Milano 2014.

PAPPACENA, F. Storia della danza in Occidente. Vol. II Il Settecento e l’Ottocento. Gremese, Roma 2016. 

SMITH – AUTARD, J. La dance composition. Gremese, Roma 2001. 

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